Le persone ci pensano ancora meno di quanto possiamo immaginare.
Viviamo giorni, mesi, anni di illusioni.
Come un riccio, vivo arrotolata su me stessa mostrando soltanto i forti aculei, le palpebre serrate. Uno spiraglio di luce balugina sulla pelle sottile che ricopre gli occhi, come se il sole corresse nel cielo e i raggi sfuggissero fra le fronde degli alberi. La sensazione non mi è sconosciuta, per la prima volta dischiudo gli occhi come un bambino appena nato.
Ora la luce non è sfuggente. Ho la sensazione che mi attendesse. È una luce intensa. Non è il chiarore della porcellana. È oro fuso sospeso nell’aria. La fonte luminosa, sempre rutilante, emette vibrazioni che si propagano fra gli atomi di ossigeno, si trasmettono fino al corpo. Ricevo milioni, forse miliardi, di microscariche sulla pelle. Come un quadro di Seurat prendo coscienza di punti vorticosi concentrati, addossati gli uni agli altri, non pulsano colore. Gemmano.
Una nuova linfa scorre assieme al sangue, ne annulla l’amaro sapore. Non temo la metamorfosi, non temo più nulla. Le sensazioni si spandono come un liquido colorato e caldo, sono il recipiente che le contiene. Alzo gli occhi per assicurami la costante presenza nel cielo.
Arriva un vento procelloso e gelido, strappa le foglie dai rami, lascia inermi gli alberi, nudi, accanto ad altre nudità. Spinge la luce, ormai è lontana, quasi impercettibile agli umili occhi umani. La consapevolezza della sua presenza cura le escoriazioni sulla pelle che gli urti del vento mi hanno provocato.
Fuggo dal bosco, non riesco più a sentirmi tranquilla.
Sono fra la gente. Le vie si diramano all’infinito, labirinti scolpiti sulla crosta terreste, potrebbero condurmi ovunque, da nessuna parte, da te, a me stessa…
I volti di chi mi è intorno sono irriconoscibili, maschere deformate, fuse dal calore. Risa, sorrisi che abbagliano, emergono dalla calca. Cerco dentro me stessa il folgore che porterà la bocca ad allargarsi in un grande sorriso, sarò una di loro, si tramuteranno in volti conosciuti. Non c’è altro che il grigiore della tristezza. Alla loro gioia spicca la mia infelicità, l’Assenza.
Fuggo, consapevole di non poter più tornare priva di rabbia in quel mondo. Una corsa estenuante mi porta lontana. Debole mi arrendo.
Al mattino, quando il sole si eleva alto nel cielo, lascio che i raggi asciughino le lacrime versate nella notte, interrompo il torpore delle membra per edificare la mia piramide. Lì vivrò, la mia vita sarà la morte.
Muto ancora. Sono una larva. Impenetrabile agli occhi il bozzolo mi protegge come un caldo mantello. Avverto il rumore, i passi e le voci di chi si avvicina all’esile rivestimento. Ovattate giungono a me, non voglio comprenderle; nessuna di essa potrà mai riempire il cuore languido, privo della potenza contrattile, somigliante ormai ad un sacchetto vuoto che volteggia nel vento. Mi schermisco. Nell’anima ho solo Lui. Non esistono altre labbra che io desideri baciare, altri occhi da cui poter bere.
Tremo nel gelo, fra lacrime e disperazione.
Il tempo mi rende una falena. Schiudo le ali come un uomo liberato dalla camicia di forza. Sono fuori dal bozzolo, sono fuori nella notte fredda e complice degli incontri tra amanti, degli omicidi e di tutto ciò che gli occhi non devono vedere.
Con la notte torna il vento, nel dolce oscillare delle raffiche è cullata la luce. È alta, irraggiungibile, avvolta nel velluto scuro e morbido. Sbatto le ali, le sbatto più che posso. Mi illudo di raggiungerla, il vento ci allontana ancora.
Attendo un treno in riva al mare, sotto la luna straripante, madre indulgente. Il suo candore si riflette sull’acqua increspata, gli occhi opalescenti si appannano, per la prima volta tremano di paura.
Sei un pensiero infossato nella carne. Un uragano. Un evento imprevedibile. Incontrollabile, e ciò che sfugge al controllo ci fa temere. Per noi, per gli altri.
La salinità scioglie. Vorrei che nelle lacrime miste al sale ci sia tu, usciresti dai miei occhi. Ma un pensiero, un’essenza, non possono esser sciolti…
Vorrei palpare i sentimenti, avere la certezza della loro esistenza, una prova che non siano creazione della mente.
La nausea è svanita. Ho vomitato parole, immagini, tutto ciò che ho fagocitato nel tempo.
Posso alzarmi, osservare allo specchio la nuova pelle coprire la carne ancora vulnerabile e nuda.
2 responses to " "
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Ho fatto anch'io un giro nel tuo spazio...
Un giro silenzioso tra piacevoli e crude emozioni di parole.
Complimenti...
Molto bello anche il nome del tuo blog...
Grazie... è un grande piacere sapere che sei passato da qui!