Nemmeno un rifiuto breve e cortese. Come puoi? Puoi. Sono io che non posso. Mi fa paura capire fino a che punto non posso.
Come sei entrato nella mia vita? Com'è possibile che fossi così indifesa? E non sei nemmeno entrato da una finestra, o da un lucernaio. Sei riuscito a trovare una fessura attraverso la quale mi hai trafitto il cuore.
...da "Che tu sia per me il coltello"
Stasera vorrei trovarmi proprio lì... Sola, nell'oscurità, con la musica del vento che gela e taglia le vene proprio come i tuoi silenzi.
"Sono solo parole, dopotutto, ed io sto qui a elemosinarle, come un mendicante"
da Che tu sia per me il coltello di David Grossman
Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
Perduto amor perduto amor
so che mai più ti rivedrò
Perduto amor perduto amor
ma sempre a te io penserò.
Se ieri ti tenevo sul mio cuore
domani non so dove sarai tu
il tempo lascia solo di un amore
un poco di rimpianto e nulla più.
I dolci sogni dell'età sognante
splendidi fiori felicità
dovevano sfidar l'eternità
e invece sono ormai svaniti già.
Perduto amor perduto amor
so che mai più ti rivedrò
Perduto amor perduto amor
ma sempre a te io penserò.
Al mondo sì nessuno come me
viveva più felice col tuo amor
ma questo se ne andò chissà perché
lasciando l'amarezza nel mio cuor.
Così per un capriccio del destino
un grande amor vi lascia e va
l'avrete fra le mani ma si sa
un giorno come sabbia sfuggirà.
Perduto amor perduto amor
so che mai più ti rivedrò
Perduto amor perduto amor
ma sempre a te io penserò.
In questi giorni ho ripensato ad pomeriggio in particolare e ad una voce al telefono che legge un brano di uno dei miei libri preferiti...
Abdul mi tirò su la camicia all’altezza della vita e mi aprì stizzosamente la patta abbassandomi i calzoni sino alle ginocchia. Vidi il suo cazzo che nell’attesa si curvava e si gonfiava nei pantaloni, e poi mi fece voltare e stendere bocconi. Era una di quelle logore tavole che si usano come tagliere, spessa una trentina di centimetri e consumata dal continuo tagliare e affettare che hanno creato un profondo e ricurvo declivio. Aspettavo avidamente, e gridai quando la sua mano scese, più e più volte, a intenerirmi il culo con schiaffi forti e selvaggi. Poi attraversò la stanza di fronte a me tirò giù da uno scaffale una lattina di olio di mais. Sentii freddo alla pelle quando me lo spruzzò addosso dall’alto e allora mi unse le natiche e la fessura, spingendovi dentro un dito vigoroso e risoluto. Udii il fruscio eloquente dei suoi abiti, i pantaloni che s’afflosciavano sul pavimento appesantiti dalle chiavi che aveva in tasca. Mi scopò con un’eccitante tranquilla veemenza; dando a ogni lunga spinta, una volta penetrato sino alle palle, un’ultima deviazione che mi faceva gorgogliare di piacere e grugnire di dolore, mentre il mio cazzo sfregava il bordo incrostato e scheggiato della tavola.
Scriviamo per poter trascendere la nostra vita, per arrivare al di là di essa. Scriviamo per insegnare a noi stessi a parlare con gli altri, per testimoniare il viaggio nel labirinto.
Scriviamo per ampliare il nostro mondo quando ci sentiamo soffocati, o limitati, o soli. Scriviamo come gli uccelli cantano, come il selvaggio danza i suoi rituali. Se nella scrittura non respiri, se non piangi, se non canti, allora non scrivere, perché la nostra cultura non contempla alcuna utilità per la scrittura. Quando non scrivo, sento che il mio mondo si restringe. É come se fossi in prigione. Sento che ho perso il mio fuoco e il mio colore. Deve essere una necessità, come il mare ha bisogno di incresparsi, e io questo lo chiamo respirare.
- E’ uno strano dolore.
Piano.
- Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
Siamo in cima all’altopiano di arenaria.
Tappeti di terra rossa ricoprono l’arida terra sotto i nostri piccoli occhi.
Ogni passo solleva granelli di polvere, si infiltrano nelle nari, si spandono nei polmoni.
Le spalle vedono il rossore del cielo, illimitate distese di terra, desolazione, vuoto. I miei occhi ti guardano. Lacrime nere ti soffocano gli occhi. Non riesco più a leggere l’inchiostro dell’iride.
Mi hai portata in questo luogo solitario altre volte, ho atteso sempre il tuo ritorno. Il cuore si allargava ed in esso fluiva nuovamente sangue nell’udire i passi avvicinarsi. Vedendomi ancora rannicchiata sull’altura tendevi le mani, rialzavi il corpo polveroso e disidra, mi trampolino.
L’anima si è sgretolata al sole perdendosi nel vento, resta un involucro leggero e distruttibile.
L’impatto. Mani nervose, dita fragili. Per un istante sono fusa nell’aria. Un tonfo annuncia l’arrivo. Una piccola sagoma solleva polvere dal suolo e dentro anche le ossa si sono fatte polvere. La terra avrebbe dovuto aprire la bocca famelica, masticarmi con denti aguzzi e candidi.
I piedi penzolanti dal trampolino, gli occhi fissi su di me: sono una ferita emorragica, fluida sull’aridità del terreno.
L’odore di sangue si diffonde nell’etere, richiama avvoltoi aleggianti.
Tu ed il silenzio agghiacciante spettatori della carneficina animale. Quando ogni lembo di carne sarà sparito, ogni ricordo ti si dissolverà dalla mente. Non avrò più un volto, una voce, un nome.
La mia morte è la tua catarsi.