Usurpano le vite per farne spettacoli, inscenano addirittura compianti. Diffondono una misera e finta empatia.
Non c’è rispetto neppure per i morti.
Il fuoco distrugge ogni cosa, sparirà anche la cenere.
Crescono nuovi arbusti dai semi quiescenti.
Bussa ancora alla mia porta, le nocche insanguinate, il solito volto angelico, il cuore nodoso.
Dalla stanza più interna non sentivo nessun suono, solo il ritmico sbatter d’ali nere. Ogni piuma è caduta, l’Angelo era un demone.
Le pareti sono macerie, mi rifugio in altre stanze.
Da qui posso sentire. Mi avvicino alla soglia, scruto, ascolto, ma non permetto che venga varcata.
Ha resistito alle afose estati e ai gelidi inverni. Perché si ostina a rimanere? Vuole lenire le mie ferite o imbrattare con arroganza ed egoismo la mia dimora diroccata?
Non c’è passato, né presente. Solo scaglie di gesso volate nel vento.
Palmi distesi, ricordi che scorrono fra le linee, in un solo istante riempiono con la dimenticanza i solchi della memoria e fuggono via.
Cancello il tuo nome dalle labbra, dalla mente, dalla carne. Estirpo la radice cancerosa.
Il cielo si fa ametista, cola il colore dalla tela, si addensa su di me fino ad inglobarmi.
E' anaerobica questa nuova terra.
Eri una selva d'amore un tempo, una gettata d'amore. Con le tue mani avrei costruito tante pietre per abitarci col mio silenzio.
Perchè correvi così alto?
Perchè scappavi via?
Avrei mendicato il tuo amore, mi sarei attaccata alle tue mani.
Avresti potuto uccidermi, avresti potuto ferirmi, avresti potuto abbandonarmi per terra, così come la Maddalena che chiede perdono per il suo amore sconvolgente.
Sarà la marcescenza della carne o la sua fioritura?
Nel dubbio resto nell'immobilità, un piede sulla terra dell'incertezza, l'altro su quella della tentazione.
La pelle è porosa, si lascia attraversare da profumi lontani. Desidera anch'essa.
Libera voluttuosamente gli ardori soppressi.
L'anima soffre al controllo che scivola via.