Le tenerezza dei tuoi baci, delle tue mani sfiorarmi i capelli, impregna occhi ed animo di una serenità sentimentale rara. Di baci la tua carne tocco anche nella quiete notturna, i battiti trovano equilibrio udendoti respirare.
Ti chiedo la carne, di ancorarmi a te, perdermi e aggrapparmi in lenzuola. Imploro pietà ma sono desiderosa di ulteriore perdizione. Ti inoltri nella fradicia eccitazione in cui la verga recita preghiere, spara contro razionalità rinchiuse nella teca cranica. Padrone incontestabile di ogni orifizio, cancelli con candido fluido il dolore della lontananza. Divengo vibrazione, carne liquefatta che ti circonda, ti sovrasta o che si inchina per accoglierti. Ogni mio gesto la dimostrazione della devozione assoluta a te rivolta. Rosari interi scorrono sulle mie labbra traducendo in non parole, in suoni, la stretta possessione di cui vai fiero.
Durante i giorni giacenti sul nastro dell'attesa riempi bicchieri in mio onore, ci sussurriamo sconcezze, mischiamo i gemiti lontani.
Ora che sono tornata a casa trattengo nella testa la meraviglia che vedo sempre nei tuoi occhi, la fine e delicata pelle con cui necessito contatto.
Mi hai stupita chiedendomi di venire tra la tua famiglia. Assalita da paura ero restia ad i contatti familiari, ho temuto domande, sguardi eccessivi. Avrei avuto te accanto e nulla da temere, ma l'ho capito solo dopo, varcando la porta delle tua casa vista in frammenti tra le chiamate.
Mi ha imbarazzata la curiosità dei tuoi genitori solo per pochi istanti, rassicuranti sono state le tue attenzioni.
Continuo a vedere la scena di noi due sul divano, tua madre alla tua destra e le tue mani poggiate sulle nostre schiene, mentre scorre chissà quale pensiero nella tua mente ermetica.