8 Aprile 2010 h. 1:56
Inafferrabile. Etereo. Se potessi toccarti stringerei solo le lame più affilate.
Sei così lontano, non ti scorgo più. Non sei neppure tornato a soffiarmi la cenere via dagli occhi, solo una sottile polvere che li nasconde ai tuoi.
Rabbia, la sto conoscendo. Una rabbia profonda quanto radici secolari attecchite nella terra. È un sentimento così viscerale che ne provo sgomento e indignazione. Non riesco ad incanalarla al di fuori di me.
Implode. Con potenza ogni frammento distrugge ogni parte del mio interno. Le macerie si disciolgono, mutano in un liquido purulento che diviene sempre più fluido, assumendo colore e sembianze del dolore.
Si spande, scivola, cola; mi riempie nella totalità.
Necessito un rito catartico, una pioggia incessante che lavi e permetta a cristalli di ametista di ricrescere e rutilare al sole.
Chiudo gli occhi per lasciarmi tormentare da una placenta di pensieri, canzoni sbiadite e parole amare che un tempo donavano un mellifluo sapore alle labbra.
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