Ma con le cifre fervide del cuore
descriverò l'analisi notturna
delle nostre rovine.
Quando su me ti conducevi assorto
come sulle macerie si conduce
un aggraziato termine di maggio
e, tutta illuminandomi, sostavi
alle crepe tremando di un astratto
cenno di salvazione, o d'una piaga
esprimendo il concreto esterrefatto
in bagliori di veli,
o, toccando il mio vertice, in un grido
permutavi il dolore in esultanza
freccia puntata d'ogni tentazione...
E come ti sfuggivo inorridita
delle mie stesse grazie, innamorata
invece
della fragilità delle mie spine.
La notte: quante mai disconoscenze
mi spinsero ad urlare questo frutto
di dannata certezza,
quante dalle mie braccia dolorose
angosce risollevo
ad affogare in turbini sanguigni!
2 settembre 1950.
(tratta da Fiore di poesia)