Fu un viaggio nella luce. La terra era illuminata dalla propria luce interna. A Micene ho camminato sui morti incandescenti; a Epidauro ho sentito un silenzio così intenso che per una frazione di secondo ho udito battere il grande cuore del mondo e ho compreso il significato del dolore e della sofferenza; a Tirinto sono rimasto nell'ombra dell'uomo ciclopico e ho sentito la vampa dell'occhio interiore che ora è diventato una ghiandola malaticcia; ad Argo tutta la pianura era una nebbia infuocata in cui ho visto i fantasmi dei nostri indiani d'America e li ho salutati in silenzio. Mi aggiravo in modo distaccato, coi piedi inondati dal bagliore terrestre. Sono a Corinto in una luce rosa, il sole combatte con la luna, la terra gira lentamente con le sue grasse rovine, roteando nella luce come una noria riflessa in un immobile stagno. Sono ad Aràchova quando l'aquila si innalza dal nido e si libra sopra la caldaia bollente della terra, stordita dalla brillante trama di colori che veste l'abisso palpitante. Sono a Leonidio al tramonto e dietro la spessa coltre di vapori paludosi si profila la porta scura dell'inferno dove le ombre di pipistrelli e serpenti e lucertole vengono a riposare, e forse pregare. In ogni luogo apro una nuova vena d'esperienza, minatore che scava addentro nella terra, avvicinandosi al cuore della stella che non è ancora spenta. La luce non è più solare o lunare; è luce stellante del pianeta a cui l'uomo ha dato vita. La terra è viva fino alle sue profondità recondite; al centro è un sole in forma d'uomo crocefisso. Il sole sanguina sulla sua croce nelle profondità nascoste. Il sole è l'uomo che lotta per emergere verso un'altra luce. Da luce a luce, da calvario a calvario. Il canto della terra...
Il colosso di Marussi - Henry Miller