"Tutto era così casuale. Mi ero innamorata di Mario, da ragazza, ma avrei potuto innamorarmi di chiunque altro, un corpo a cui finiamo per attribuire chissà quali significati. Un lungo brano di vita insieme, pensi che sia l'unico uomo con cui puoi stare bene, gli attribuisci chissà quali virtù risolutive, e invece è solo una canna che emette suoni di falsità, non sai chi è davvero, non lo sa nemmeno lui. Siamo occasioni. Consumiamo e perdiamo la vita perché un tale in tempi lontani, per voglia di scaricarci dentro il cazzo, è stato gentile, ci ha eletto tra le donne. Scambiamo per chissà quale cortesia rivolta solo a noi il banale desiderio di fottere. Amiamo la sua voglia di chiavare, ne siamo così abbagliate da pensare che sia la voglia di chiavare proprio con noi, soltanto con noi. Oh sì, lui che è così speciale e che ci ha riconosciute per speciali. Le diamo un nome, a quella voglia del cazzo, la personalizziamo, la chiamiamo amore mio. Al diavolo tutto, che abbaglio, che infondata vellicazione. Come una volta ha fottuto con me ora fotte con un'altra, cosa pretendo? Il tempo passa, una va, un'altra viene. Feci per ingoiare un po' di pillole, volevo dormire sdraiata sul fondo più buio di me stessa."
I giorni dell'abbandono - Elena Ferrante
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Ti ci riconosci?
Sono pensieri che ho avuto soprattutto in un lontano passato. Si sono presentanti anche nel presente, come macchie di scuro inchiostro che appesantivano pagine da voltare. Sono cresciuti come dura cheratina intorno al corpo, forse più per nasconderlo, distanziarlo, che per proteggerlo; perchè se c'è una cosa che più temiamo è la mancanza di amore nella sua rutilante totalità. Con spavalderia si può negare l'immenso bisogno di un'essenza che ci riscaldi con sguardi e parole, ma in fondo l'assenza di tutto ciò è la principale sofferenza di ognuno.
E' semplice scaldare il corpo, la sua superficie, illudersi che quel calore possa scendere attraverso i corpi, infondendosi anche all'anima, ma spesso non è così, ma si vive adagiati sul palmo dell'illusione.
Si vive o si dorme?
Quando ci scuotiamo dal torpore ci rendiamo conto dell'immensa solitidine che ci ha corrosi, del senso di estraneità verso gli altri e verso sé stessi.
C'è qualcosa di profondamente errato nell'amore: l'egoismo, il desiderio di strappare energie ad un altro essere per alimentare sé stessi. Se così non fosse vedremmo l'altra persona come un essere che ci ha donato esperenzie, le avremmo fatte nostre, maturate, assorbite ma senza attaccamenti, senza pretese; solo così potremmo staccarci dall'altro senza rabbia, sofferenza.