Una volta, d'estate, durante una pausa del lavoro nel campo dietro agli alloggiamenti, osservai il modo con cui un'ape visitava un piccolo crisantemo giallo. Venne ronzando con le sue ali dorate nella luce piena, scelse un crisantemo tra i tanti, e parve che immobile vi si sospendesse innanzi, nell'aria.
Mi sforzai di guardare con gli occhi dell'ape. I petali aperti del crisantemo erano impeccabili, perfetti. Il fiore era bello come un piccolo Padiglione d'oro: sì, era bello quanto il Padiglione ma mai ne avrebbe potuto assumere l'aspetto, sarebbe sempre rimasto soltanto un crisantemo d'estate. Sì, sarebbe ineluttabilmente rimasto un crisantemo, un'"entità" floreale, una singola forma priva di qualsiasi suggestione metafisica. Ma obbedendo alla legge dell'esistenza, il crisantemo esercitava un continuo ed efficace richiamo, e costituiva per l'ape un oggetto adeguato di desiderio. Che mistero si nascondeva palpitante sotto l'oggetto di quel desiderio informe, volubile, volatile, fluido!
A poco a poco la sua forma si andò dissipando, parve frantumarsi, vibrò. Ed era assolutamente giusto così, giacché era una forma creata per il desiderio dell'ape, e la sua bellezza era sbocciata in previsione di quel desiderio, e proprio in quel supremo attimo interamente risplendeva la sua ragion d'essere. La forma è in sé lo stampo della vita eternamente fluente senza forma; e, al tempo stesso, l'informe vita che vaga nello spazio è lo stampo d'ogni forma esistente... L'ape s'addentrò profondamente nel fiore, sempre più giù, più giù, finché, cosparsa di polline, s'immerse nell'ebbrezza. Il crisantemo che consenziente s'era offerto a quell'atto d'amore, sembrò mutarsi interamente a sua volta e parve esso una gialla ape rivestita d'una stravagante armatura di petali; lo vidi scuotersi con violenza come se da un istante all'altro dovesse distaccarsi dallo stelo e librarsi a volo.
Rimasi stordito da quel connubio consumato in piena luce. E poi, quando finalmente cessai di guardare con gli occhi dell'ape e cercai di recuperare i miei, ebbi la sensazione che fossero adesso non più i miei occhi, ma quelli del Padiglione d'oro.
Proprio così. Appena feci per tornare ai miei occhi e riprendere contatto con la vita, gli occhi non furono più i miei occhi. E fu esattamente in quell'attimo che il Padiglione d'oro si levò come un sipario tra me e la vita.
Yukio Mishima - Il Padiglione D'oro